mercoledì 25 gennaio 2017

Inglese e routine al nido

Nel post precedente vi ho parlato di alcune attività di letture in lingua inglese svolte nel nido Calicanto. Il progetto Learning by Languages, oltre alle attività in lingua, è in continuità con la scuola dell'infanzia e prevede che due volte alla settimana un piccolo gruppo dei "grandi" del nido, passi l'intera mattinata nella sezione della scuola, dove Amy, madrelingua inglese, è un'educatrice.
Al Calicanto la scuola dell'infanzia è bilingue infatti in sezione Amy si relaziona con i bambini sempre in inglese, dalle richieste (“please, take your chair and sit down”) ai momenti di routine e di attività. Un momento di routine molto importante è The Assembly (l'assemblea) , dove ogni bambino è chiamato a prendere una sedia e aggiungersi al cerchio. quando ogni bambino è seduto si inizia l'assemblea. 

Lavagna del tempo e dell'appello in lingua inglese
In questo momento Amy fa osservare ai bambini la lavagna qui sopra riportata, e poi chiede in inglese a tutti  le domande riportate sulla lavagna :"What's the weather like?"( "Che tempo fa?"), "Who is at school today?" ("Chi è a scuola oggi?"), " Who isn't at school today?" ("Chi è assente oggi?"). I bambini provano a rispondere in inglese a ciascuna domanda, ad ogni risposta corrispondono dei cartellini appositi e un bambino viene incaricato di posizionare i cartellini al loro posto. In questo momento vengono anche scelti i bambini che quel giorno avranno l'incarico di fare i camerieri della frutta e quelli del pranzo.

Merenda in The Assembly
Subito dopo le educatrici prendono il vassoio della frutta e tramite l'aiuto dei camerieri della frutta distribuiscono la merenda. Amy chiede in inglese a ciascun bambino "What fruit do you like?"("Che frutto ti piace?"), attende la risposta del bambino e ripete la sua scelta in inglese, chiedendo conferma al bambino, per esempio: "Do you want the pear?" ("Vuoi la pera?").
Il bambino in questo modo può comprendere che a seconda della lingua, si usano diverse parole per dare un nome ad uno stesso oggetto. Ho osservato che molti bambini della scuola dell'infanzia riuscivano a rispondere direttamente in inglese alla richiesta di Amy, ("I want the pear, please" ) mentre i bambini del nido si limitavano ad ascoltare e rispondere affermativamente alla domanda dell'educatrice. Finita la merenda e prima di riprendere il gioco o le attività, un altro momento molto importante è quello delle canzoncine. Amy e le altre educatrici cantano insieme ai bambini canzoni sia in italiano che in inglese, spesso le canzoni sono le stesse riportate in entrambe le versioni.

È davvero impressionante come i bambini riescano a comunicare con una persona che non parla la loro stessa lingua, senza farsi bloccare dall'impossibilità di conversare con le stesse parole. Ho trovato particolarmente interessante vedere come l'approccio ad una lingua straniera risulti più semplice durante le routine e gli scambi di tutti i giorni rispetto che nei momenti di attività.

martedì 24 gennaio 2017

Esperienza di lettura in lingua inglese

In questo post vorrei parlarvi della mia esperienza di tirocinio al nido Calicanto, un centro infanzia che segue l'approccio Reggiano. Al Calicanto ho avuto la possibilità di osservare il progetto Learning by Languages, un laboratorio in lingua inglese tenuto da una ragazza madrelingua, inserito in un contesto di continuità con la scuola dell'infanzia. Due volte alla settimana i "grandi" del nido, si trovavano con Amy in un laboratorio, per un'attività in inglese. La tecnica narrativa è sicuramente quella che ho visto usare di più ad Amy.

Lettura di The Three Little Pigs
Le letture in lingua inglese scelte comprendevano principalmente le fiabe classiche che i bambini già conoscevano e alcuni albi illustrati. Ho notato una buona attenzione da parte dei bambini, che seguivano la storia senza farsi scoraggiare dalle difficoltà della lingua. L'attenzione prestata alla lettura era influenzata da cosa veniva letto: le fiabe conosciute molto bene dai bambini erano seguite di più rispetto a quelle meno conosciute. The Three Little Pigs ( I Tre Porcellini), è una delle fiabe più amate dai bambini ed infatti il responso di questa attività è stato molto positivo.
Lettura di The Gingerbread Man
Altre letture sono state un po' più impegnative per i bambini, per esempio la fiaba di The Gingerbread Man (La storia dell'omino di pan di zenzero), è stata seguita ad intermittenza. La storia è abbastanza lunga e i bambini, per quanto inizialmente interessati, dopo un po' si sono persi a giocare tra di loro (comportamento comunque normale e comprensibile alla loro l'età).

Lettura di Green
Oltre alle fiabe la lettrice ha presentato ai bambini anche degli albi illustrati. Ho osservato un grande interesse per questi ultimi, i quali catturavano l'attenzione dei bambini tramite le illustrazioni, il ritmo e la creatività. I bambini partecipavano attivamente alla lettura, facendosi catturare dalle immagini e dalla narrazione, quasi non rendendosi conto della differenza linguistica. L'albo illustrato è stato a parer mio un mezzo capace di trasformare l'incontro con un'altra lingua in una dimensione ludica e accattivante.

sabato 21 gennaio 2017

Bilinguismo: vantaggio o svantaggio?

In questo post vorrei parlarvi di un tema su cui si sono creati molti dibattiti ovvero i vantaggi e gli svantaggi legati all'essere bilingue. Il bilinguismo, essendo un oggetto di studio complesso, ha provocato la diffusione di falsi miti e stereotipi dovuti alla non conoscenza del fenomeno. In parte queste credenze si sono diffuse dopo l'esito di alcune ricerche che sono state successivamente criticate per la metodologia non adatta e per questo confutate.
Alcuni di questi miti, sono tutt'ora presenti e diffusi, alcuni di questi sono: il bilinguismo può causare ritardi, provocare confusione tra le lingue che verrebbero mischiate, se introdotto in età precoce può essere dannoso per lo sviluppo del bambino o richiedere uno sforzo cognitivo troppo forte per un cervello così giovane e infine pensare che due lingue tolgano spazio e risorse allo sviluppo cognitivo generale.

Antonella Sorace, ne "Un cervello, due lingue: vantaggi linguistici e cognitivi del bilinguismo infantile" ci spiega perché queste supposizioni siano sbagliate. Ella sostiene che in aggiunta a benefici ben noti,come l’accesso a due culture, la maggiore tolleranza verso le altre culture, e gli indubbi futuri vantaggi sul mercato del lavoro,il bilinguismo conferisce benefici molto meno conosciuti, ma forse anche più importanti, sul modo di pensare e agire in diverse situazioni.

Per la studiosa, il cervello è perfettamente in grado di ‘gestire’ due o più lingue simultaneamente fin dalla nascita (basti pensare che in molte parti del mondo è perfettamente normale crescere 
multilingui). L’esperienza di gestire due lingue fin dall'infanzia si riflette in una serie di effetti positivi in ambiti sia linguistici che non linguistici. Uno di questi effetti è una maggiore conoscenza spontanea della struttura del linguaggio. I bambini bilingui hanno infatti una maggior abilità nel distinguere tra forma e significato delle parole. Inoltre la conoscenza intuitiva della struttura delle lingue avvantaggia i bambini bilingui nell'apprendimento di una terza o quarta lingua.
Per Sorace un altro beneficio poco noto del bilinguismo è una maggiore e più precoce consapevolezza che altre persone possono vedere le cose da una prospettiva diversa dalla propria. Inoltre il bilinguismo si collega ad aspetti cognitivi più generali riguardanti il controllo esecutivo sull'attenzione. La ricerca ha dimostrato che i bilingui sono di solito avvantaggiati, rispetto ai coetanei monolingui, nel passaggio rapido da un compito ad un altro quando entrambi i compiti richiedono attenzione selettiva e capacità di ignorare fattori interferenti.

Ci sono ancora dibattiti tra gli studiosi su quali siano gli effettivi vantaggi e svantaggi dell'essere bilingui. Alcune ricerche suggeriscono una problematica riguardante un vocabolario più ridotto rispetto ai monolingui, ma non ci sono ancora posizioni chiare a riguardo.
In ogni caso, si può affermare con certezza che i vantaggi legati all'essere bilingue superino chiaramente gli svantaggi.

giovedì 19 gennaio 2017

un video esplicativo

In questo post voglio presentarvi un video che ho trovato molto utile prodotto da TED. TED è un'associazione nata nel 2012 con lo scopo di fare informazione e diffondere idee. TED-Ed è una parte di TED che si dedica sempre di diffondere idee, usando come tramite l'animazione. Nel video che ho allegato qui sotto, vengono spiegati molto chiaramente e con un linguaggio semplice le tipologie di bilinguismo e i vantaggi di avere un cervello bilingue.

P.S: Il video è in inglese, ma è possibile mettere i sottotitoli in italiano. Buona visione




martedì 17 gennaio 2017

tipologie di bilinguismo

Dopo aver dato una prima definizione generale di bilinguismo nel primo post, passiamo ad interessarci dei criteri usati per studiare il bilinguismo. Questi criteri possono basarsi sull'età a cui si è appresa una seconda lingua, sulle modalità in cui questa lingua è stata appresa e sul livello di livello raggiunto in entrambe le lingue. Possiamo dunque affermare che in base al punto di vista si sono formati diversi modi per cercare di definire la competenza bilingue.

Si parla di bilinguismo compatto quando un individuo ha appreso le lingue contemporaneamente prima dei sei anni, perché esse erano usate indifferentemente dal padre e dalla madre. Nel bilinguismo coordinato, invece, la seconda lingua è stata appresa perfettamente prima della pubertà, ma comunque in un ambiente diverso da quello familiare. Nel bilinguismo subordinato, infine, una delle lingue rimane la lingua base mentre le altre vengono adoperate utilizzando sempre come intermediaria la prima lingua. Tuttavia, altre definizioni hanno preso come punto di riferimento il momento in cui una o più lingue sono state acquisite. Da questo punto di vista, si distingue tra bilinguismo precoce o tardivo, in base all’eventualità di essere stati esposti alle due o più lingue, rispettivamente, fin dalla nascita o dopo aver raggiunto un certo livello di maturazione nella propria prima lingua. Similmente, dal punto di vista del livello di competenza raggiunto nelle varie lingue, si parla di bilinguismo bilanciato se la persona ha acquisito e usa due o più lingue in modo simile, oppure di bilinguismo dominante se ha una maggiore abilità nell’usare una o alcune delle lingue che conosce rispetto ad altre.[fonte]

Queste sono solo alcune delle possibili tipologie di bilinguismo, che ci possono far capire quanto questo fenomeno sia ampio e complesso.

sabato 14 gennaio 2017

Bilinguismo: definizione

Dopo aver concluso la panoramica sulle maggiori correnti psicologiche sullo sviluppo del linguaggio, con questo post inizierei a parlare dell'altro macro argomento di questo di cui mi sono interessata: il bilinguismo.
Purtroppo è molto difficile trovare una definizione universalmente accettata di bilinguismo, in quanto il termine è stato usato con diverse accezioni durante gli anni e questo ne ha reso difficile la restrizione ad un unico concetto.
A lungo si intese dunque per bilinguismo la piena padronanza di due lingue da parte di una data persona: si faceva riferimento alla situazione ideale di quei parlanti che avessero per esempio acquisito la duplice competenza fin dall'infanzia in virtù della loro ‘privilegiata’ condizione di avere genitori di lingua diversa e che riuscissero a integrare perfettamente i due sistemi linguistici tra loro ad un livello piuttosto profondo dell'organizzazione psicologica [fonte]
Oggi sappiamo che questa definizione è antiquata e non corretta. Una persona bilingue non è quella che ha la padronanza completa di entrambe le lingue.
Voglio proporre quindi una definizione più moderna del termine:

Bilinguismo:Competenza di una persona nell'uso di più di una lingua, in differenti situazioni nella vita quotidiana e in vari contesti (Marini et al., 2012)

Quella di Marini è sicuramente una definizione meno restrittiva rispetto alla precedente, più ampia e che rimane vaga sotto certi aspetti. Questo perché il bilinguismo è una realtà molto complessa e analizzabile da diversi punti di vista, di cui andrò a parlare nei prossimi post.

giovedì 12 gennaio 2017

Sviluppo del linguaggio: Bruner

Jerome Seymour Bruner era uno psicologo e pedagogista americano, nato a New York nel 1915.[fonte]. È l'ultima grande figura che andrò a trattare in questo blog per quanto riguarda la parte sullo sviluppo del linguaggio. Bruner si colloca in una posizione peculiare rispetto agli altri psicologi e si può inserire nella corrente interazionista.

La psicologia dell'interazione focalizza l'attenzione alle relazioni tra le menti delle persone e ai processi di cognizione distribuita all'interno dei contesti sociali di attività, piuttosto che interessarsi alla mente e ai fenomeni cognitivi individuali. [ ripreso da D'amico, S, Devescovi, A (2013), Psicologia dello sviluppo del linguaggio, Bologna, Il Mulino]
Lo sviluppo dell'intelligenza è per Bruner caratterizzato dal fatto che con il passare del tempo si modificano anche i sistemi di codifica delle informazioni. Ci si riferisce ad esempio al linguaggio, ai processi che permettono la formazione dei concetti ed a vari tipi di ragionamento (inferenziale, probabilistico, logico, ecc). Con il passare del tempo essi diventano sempre più potenti in quanto oltre alle rappresentazioni puramente esecutive (cioè basate sulle azioni) il bambino utilizza anche quelle iconiche (cioè basate sull'immagine) e quelle simboliche.
[ripreso da Vianello, R, Psicologia dello sviluppo, Bergamo, Edizioni Junior srl, 2003]
Bruner è stato chiaramente influenzato dagli studi di Piaget, del quale critica alcuni aspetto, ma è stato sicuramente più interessato agli studi di Vygotskij e all'importanza che egli conferisce all'influenza della cultura.  

Jerome Bruner[1983] sostiene che i bambini apprendono il linguaggio nel contesto familiare degli scambi con chi li accudisce e individua nei cosiddetti formati di <<attenzione condivisa>> e di <<azione condivisa>> le sequenze sociali più significative per imparare a esprimere le proprie intenzioni e a comprendere quelle altrui. Si tratta di formati di gioco o routine che madre e bambino producono ripetutamente nell'interazione quotidiana; partecipando a questi formati il bambino impara sia ad interpretare le azioni e le espressioni della madre sulla base del significato che esse hanno della routine, sia a produrre tali azioni ed espressioni, che includono parole e gesti comunicativi. [...]
Come ha osservato Bruner [1983], le due teorie sull'acquisizione del linguaggio precedenti alla <<spiegazione interazionista>> sono l'una impossibile (quella si Skinner) e l'altra miracolistica (quella di Chomsky). È necessario formulare una terza teoria, secondo la quale non esiste soltanto un LAD (dispositivo innato per l'acquisizione del linguaggio), ma anche un LASS ( Language Acquisition Support System, sistema di supporto per l'acquisizione del linguaggio), che corrisponde al ruolo svolto dall'adulto e dal contesto sociale nel consentire l'ingresso del bambino nel mondo del linguaggio e della cultura. [Camaioni, L [et. al], Psicologia dello sviluppo, Bologna, Il Mulino, 2007]

Il merito fondamentale che va riconosciuto a Bruner è quello di aver tenuto in considerazione tutte le principali posizioni riguardo la psicologia dello sviluppo e lo sviluppo del linguaggio, non riducendosi a tenere conto di uno solo di questi aspetti, ma considerando la complessità e multifattorialità dei fenomeni piscologici.

martedì 10 gennaio 2017

Sviluppo del linguaggio: Piaget

In questo post andrò a parlare di una delle figure più importanti per la psicologia: Jean Piaget. Questo psicologo si contrappone molto a Vygotskij, il quale ha criticato più volte i suoi lavori.

Jean Piaget (1896-1980) è nato a Neuchatel in Svizzera e ha operato per gran parte della sua vita presso l'Università di Ginevra. [fonte]
L'oggetto di studio principale di Piaget è stato lo sviluppo qualitativo delle strutture intellettuali.
Per Piaget l'intelligenza rappresenta il più alto grado di adattamento mentale. L'adattamento, a sua volta, consiste in un equilibrio fra l'azione dell'organismo sull'ambiente (assimilazione) e l'azione dell'ambiente sull'organismo (accomodamento) . [Vianello, R, Psicologia dello sviluppo, Bergamo, Edizioni Junior srl, 2003]
Nella sua concettualizzazione Piaget introdusse il concetto di <<stadio>> sostenendo come lo sviluppo cognitivo venga acquisito attraverso il passaggio a stadi di sviluppo sempre più evoluti. Gli stadi fondamentali sono: lo stadio sensomotorio (dalla nascita ai 2 anni), preoperatorio (dai 2 anni ai 7 anni), operatorio concreto (dai 7 agli 11 anni) e operatorio formale (dagli 11 anni in su). [Cornoldi, C, Tagliabue; M, Incontro con la psicologia, Bologna, Il Mulino, 2004]
Il linguaggio inizia a svilupparsi nel periodo sensomotorio: l’imitazione del periodo senso-motorio è una comunicazione non verbale tra il bambino e l’adulto. Inizialmente era imitazione dell’azione, poi imitazione dei suoni, ed infine del linguaggio. Tra i due e i sette anni, il linguaggio non ha come obiettivo primario la comunicazione, in quanto è ancora egocentrico. [fonte]
Per Piaget il linguaggio è generalmente la manifestazione del pensiero: per esempio il pensiero egocentrico si riflette nell'uso del linguaggio egocentrico. [Cornoldi, C,[et al.], Incontro con la psicologia , Bologna, Il Mulino, 2004]
Piaget descriveva la natura riservata e relativamente asociale delle prime fasi del linguaggio nei termini dell'impulso del bambino a parlare di ciò che sta facendo, senza un reale interesse per il fatto che gli altri lo capiscano e addirittura lo ascoltino. E' come se egli non possa impedirsi dal fare commenti a voce alta sulle proprie azioni, e il suo linguaggio non sembra avere una reale funzione.
Per Piaget, (a differenza di Vygotskij) lo sviluppo cognitivo è per principio autonomo dallo sviluppo del linguaggio e precedente ad esso dal punto di vista causale. [Garman, M, L'acquisizione del linguaggio: studi sullo sviluppo della lingua materna, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1992]




lunedì 9 gennaio 2017

Lo sviluppo del linguaggio: Vygotskij

Lev Semënovič Vygotskij nasce il 5 novembre 1896 ad Orša nella Russia Bianca da una famiglia ebrea colta e agiata. [fonte]
Vygotskij, insieme a Lurija è uno dei maggiori esponenti della psicologia sociocostruttivista ed è sicuramente uno degli psicologi più importanti per quanto riguarda lo sviluppo del linguaggio. A differenza degli studiosi di cui ho parlato in precedenza, egli sentì il bisogno di cambiare prospettiva nell'affrontare il tema dello sviluppo del linguaggio . La prospettiva da lui adottata e prettamente sociale e non più solo cognitiva.

Il paradigma sociocostruttivista, muovendo dall'assunto centrale del ruolo svolto dal mondo sociale nella costruzione dell'architettura della mente individuale, focalizza l'attenzione sui processi di costruzione sociale della conoscenza, che si attua nel contesto delle interazioni e degli scambi comunicativi. In tale ottica i processi cognitivi, compreso il linguaggio, sarebbero prodotti socioculturali, la cui natura va ricercata nella rete dei rapporti sociali e degli scambi comunicativi.  [ D'amico, S, Devescovi, A (2013), Psicologia dello sviluppo del linguaggio, Bologna, Il Mulino]
Per Vygotskij i processi psichici superiori sono delle attività complesse prodotte non solo dai processi naturali di ordine biologico e fisiologico, ma anche dai rapporti sociali e culturali dell'individuo.
L'acquisizione del linguaggio ha per Vygotskij una importanza cruciale, in quanto essa determina un particolare sviluppo anche degli altri processi psichici superiori, da quelli del pensiero a quelli dell'analisi percettiva, dell'attenzione, della memoria, della volontà, ecc. In Pensiero e Linguaggio Vygotskij evidenzia come il linguaggio venga utilizzato dapprima dall'adulto per regolare il comportamento del bambino (perciò in interazione sociale), poi dallo stesso bambino per autoregolare il proprio comportamento ed infine come questo linguaggio non venga più prodotto esteriormente, ma interiorizzato (il bambino cioè "si parla nella mente" [Vianello, R (2003), Psicologia dello sviluppo, Bergamo, Edizioni Junior srl]
 Tenendo conto del fatto che la natura del linguaggio, in quanto sistema simbolico, è originariamente e intrinsecamente sociale, ne discende che per Vygotskij, la mente è in effetti una costruzione socio-culturale. [ Mantovani, G (2003), Manuale di Psicologia Sociale, Firenze, Milano, Giunti Editore S.p.A.]

giovedì 5 gennaio 2017

Lo sviluppo del linguaggio: Chomsky

Nel post precedente ho analizzato lo sviluppo del linguaggio dal punto di vista del comportamentismo. In questo post invece andremo a parlare dell'approccio innatista, con il suo maggiore esponente, Noam Chomsky. Come precedentemente accennato, Chomsky ha criticato fortemente la teoria di Skinner in un articolo denominato A Review on B. F. Skinner’s Verbal Behavior. [per approfondire]

Avram Noam Chomsky (Filadelfia, 7 dicembre 1928) è un linguista, filosofo, storico, teorico della comunicazione e anarchico statunitense. Professore emerito di linguistica al Massachusetts Institute of Technology, è riconosciuto come il fondatore della grammatica trasformazionale, spesso indicata come il più rilevante contributo alla linguistica teorica del XX secolo. [fonte, fonte]
La teoria chomskiana è sostanzialmente "innatista", in quanto Chomsky postula la presenza innata nell'uomo di una particolare meccanismo che gli permette di acquisire il linguaggio: il L.A.D (Language Acquistion Device). Si tratterebbe quindi, di una struttura innata che permette al bambino di comprendere e di produrre anche frasi che egli non ha mai udito. Essendo innato, il L.A.D è considerato come universale e alla base dell'apprendimento di ogni lingua. [Vianello, R (2003), Psicologia dello sviluppo, Bergamo, Edizioni Junior srl]
 Nell'ipotesi si Chomsky la facoltà di linguaggio in senso stretto è costituita da un insieme molto limitato di <<conoscenze astratte e procedure che specificano la forma possibile o la struttura astratta di tutte le lingue>> [M.T.Guasti (2007) , L'acquisizione del linguaggio.Un'introduzione, Milano, Raffaello Cortina Editore]
Queste conoscenze costituiscono quello che all'interno dei modelli innatisti di ispirazione chomskiana viene definito attualmente lo stato iniziale della facoltà di linguaggio, denominato anche in molti lavori Grammatica Universale (GU). La GU comprende i principi comini a tutte le lingue. Oltre alle proprietà universali dell'infinità discreta e della ricorsività ( il linguaggio è infatti un sistema combinatorio, in cui un numero finito di unità può essere combinato in una infinità di modi, tali da rendere possibile la formulazione di un numero infinito di messaggi) , tutte le lingue  dispongono di modalità per formare unità lessicali, per assegnarle a categorie grammaticali come nome, verbo, aggettivo e per organizzare in unità più ampie, disponendole in un ordine che tende a restare invariante. La GU include inoltre dei parametri che codificano la variabilità linguistica, determinata in primo luogo dalle caratteristiche fonologiche, lessicali e strutturali che si diversificano tra loro. Secondo la teoria chomskiana è sufficiente un numero assai limitato di parametri per spiegare le differenze strutturali fra le lingue. Lo stato iniziale della facoltà di linguaggio (GU), comune alla specie umana, è concepito da Chomsky come un meccanismo di acquisizione del linguaggio che utilizza come input l'esperienza e che produce come output la rappresentazione interna della lingua.
Le frasi che il bambino può ascoltare dagli adulti costituiscono l'input che mette in moto il meccanismo di acquisizione, il cui output è la rappresentazione mentale astratta della lingua, detta anche lingua internalizzata. [ D'amico, S, Devescovi, A (2013), Psicologia dello sviluppo del linguaggio, Bologna, Il Mulino]

Per molti anni, l'approccio innatistico sullo sviluppo del linguaggio è stato probabilmente quello che è prevalso nella comunità scientifica psicologica.




martedì 3 gennaio 2017

Lo sviluppo del linguaggio: Skinner

In questo blog dedicato al bilinguismo nell'infanzia, parleremo di diversi argomenti collegati a questo macro tema.  Trovo impossibile parlare di bilinguismo senza parlare dello sviluppo del linguaggio.
Il quadro di ricerche riguardanti questo ambito è molto complesso, delineato da diversi approcci e teorie riguardanti lo sviluppo del linguaggio. Le principali teorie sono: la teoria comportamentista con Skinner, quella innatista con Chomsky, quella socioculturale con Vygostky, quella cognitivista con Piaget e quella interazionista con Bruner. In questo post andrò ad analizzare la prima teoria, quella Comportamentista:

Il Comportamentismo nasce nella cultura Americana dei primi del Novecento. Si basa sulla "legge dell'effetto" secondo la quale una connessione si rinforza se alla risposta a un certo stimolo viene associato uno stato di soddisfazione e come conseguenza quella risposta avrà più possibilità di presentarsi in futuro [Baroni, M (2008) Psicologia, Milano, Antonio Vallardi Editore]
Secondo Skinner, una persona apprende a parlare in modo molto simile a quello con cui apprende ogni altro comportamento: attraverso le sue interazioni con l’ambiente, cioè attraverso rinforzi e punizioni. [fonte] Per l'autore i bambini ricevono moltissimi rinforzi da parte dei genitori, dei parenti, delle figure di riferimento e grazie a questi rinforzi riuscirebbero ad apprendere e sviluppare il linguaggio.

Questa teoria è stata fortemente criticata da Chomsky. Il linguista osserva che non è affatto chiaro come distinguere lo “stimolo condizionato” rispetto al resto degli eventi e che quindi se non è possibile distinguere tra stimoli ed eventi “neutri” allora non è possibile neanche costruire esperimenti di laboratorio [fonte] Inoltre la teoria di Skinner non spiegherebbe la produzione creativa e spontanea di frasi o parole da parte del bambino.